Assessore incompatibile. O no?

Sant’Angelo Romano: assessore incompatibile. O no?
Il “caso Di Pietro”
Almeno altri quattro nella stessa situazione
Spiegazioni differenti di Prefettura e Viminale

METTETEVI d’accordo. Un invito che sembra doveroso rivolgere a chi si occupa (posto che se ne stia occupando realmente) di dirimere la questione della presunta incompatibilità di Umberto Di Pietro, da anni ormai in carica nella duplice veste di consigliere comunale a Giudonia Montecelio e, al contempo, di assessore esterno a Sant’Angelo Romano.
Non paghi della versione ottenuta dalla Prefettura di Roma, siamo andati a scomodare gli uomini del Viminale, affidando i nostri interrogativi ad una lettera rivolta al Capo di Gabinetto del ministero dell’Interno. E dall’ eventuale risposta ai nostri quesiti, ci saremmo attesi soltanto conferme al resoconto riportato nello scorso numero de “La Voce democratica”. Non certo smentite. Eppure la lettera inviataci da Felice Colombrino, dirigente dell’Uffico stampa del ministero dell’Interno, appare categorica nel “precisare che nella fattispecie non vi è alcuna fase di stallo per motivi di interpetazione giurisprudenziale non univoca”. Il che corrisponde all’esatto contrario di quanto affermato dalla Prefettura.
Prima di addentrarci in valutazioni di sorta, comunque, è il caso di proseguire nella lettura del documento in questione. Nella “vicenda relativa all’incompatibilità – scrive Colombrino – di un assessore del comune di Sant’Angelo Romano, successivamente eletto consigliere nel comune di Guidonia Montecelio, mi preme precisare” come vi sia “soltanto la non acclarata sussistenza di quelle gravi e persistenti violazioni di legge necessarie per un intervento di rigore da parte dello Stato”. Ora, se volessimo accontentarci di un raro esempio di “burocratichese” della più alta scuola, potremmo anche desistere dalla nostra indagine, accettando di buon grado che quella sfilza di termini complessi giustapposti tra loro possa contenere la verità sulla questione. Sembra, tuttavia, più appropriato alle nostre esigenze l’analizzare le parole del dirigente cercando di fare chiarezza. Pur con il sospetto, ci sia concesso, che il loro intento fosse esclusivamente quello di ottenere un’accettazione passiva, aprioristica, e nulla più.
Procediamo con ordine. Innanzitutto, Colombrino sembra dare un certo peso alla tempistica di assegnazione del duplice incarico. Ne è riprova, a nostro avviso, l’espressione “successivamente eletto consigliere”. Una sottolineatura tutto sommato irrilevante, dal momento che l’articolo 68 del decreto legislativo 267/00 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali) al comma 2 recita: “Le cause di incompatibilità, sia che esistano al momento della elezione sia che sopravvengano ad essa, importano la decadenza dalle predette cariche”. Dunque, non fa alcuna differenza quale delle due cariche sia stata ottenuta precedentemente.
Andiamo avanti. E affrontiamo la “non acclarata sussistenza” e le “gravi e perstistenti violazioni di legge”. E’ evidente come, nel nostro caso, anche laddove le interpretazioni giurisprudenziali di vicende del tutto similari fossero discordi, la sussistenza di una situazione “problematica” o quantomeno “atipica” appaia tutt’altro che “non acclarata”. Ci è incomprensibile, in seconda istanza, come attendersi “gravi e persistenti violazioni di legge” nella nostra fattispecie. Prima di tutto, perché se la violazione al d.lgs. 267/00 consiste sostanzialmente nel ricoprire due cariche tra loro incompatibili, allora la “persistenza” di questa violazione verrebbe a coincidere con il periodo di tempo in cui il nostro assessore esterno sia stato contestualmente anche consigliere comunale. Anni, nel caso di Umberto Di Pietro. D’altra parte, è difficile immaginare in che modo una situazione di presunta incompatibilità possa trovare delle “aggravanti”. Dobbiamo forse intendere che esiste chi svolge due compiti non compatibili con maggiore malizia rispetto ad altri? A voler essere precisi, in sintesi, una violazione di tal sorta resta tale: violazione e basta. Indipendentemente da qualsivoglia fattore accessorio. Né il Testo unico, che interverrebbe a regolare questa fattispecie, detta indicazioni di alcun genere sulla gravità o persistenza della violazione stessa.
Terminiamo. Colombrino individua tali violazioni (quelle “gravi e persistenti”) come le uniche “necessarie per un intervento di rigore da parte dello Stato”. E’ inutile, su questo passo, dilungarci troppo. Il d.lgs. 267/00, all’articolo 70, conferma la versione fornitaci dalla Prefettura:
l’iter previsto nei casi di incompatibilità è il ricorso alla giustizia ordinaria, al tribunale civile, con un’azione che “può essere promossa anche dal prefetto”.
Stop. Nessun cenno ad interventi “di rigore da parte dello Stato”.
Alla luce di queste argomentazioni, appare ancora così inverosimile l’ipotesi secondo cui la lettera di risposta inviata a “La Voce Democratica” dall’Ufficio stampa del ministero dell’Interno, sia più simile ad un nodo appositamente ingarbugliato che ad un documento chiarificatore? Il testo, nondimeno, lascia insorgere il sospetto che dietro al “caso Di Pietro” e alla sua mancata risoluzione, possa esservi dell’altro. E occorre rilevare con forza un aspetto, da cui tutte queste “belle parole” (si fa per dire) non possono, non debbono in alcun modo distogliere l’attenzione. Il fenomeno degli “assessori qua, consiglieri là” non sembra interrompere la propria avanzata.
Volgendo lo sguardo in direzione Nord-Est rispetto alla Capitale, è possibile rinvenire, contando quello di Di Pietro, ben cinque casi del genere.
Una nota curiosa: tre di questi “assessoriglieri” appartengono a schieramenti politici “di sinistra”, due sono “di destra”. Una strana forma di par condicio, non c’è che dire.
Non basta. Restando al nostro Umberto di Pietro, ci è giunta voce di come la Procura di Tivoli sarebbe colma di “scartoffie” che lo riguarderebbero più o meno in prima persona. Ma allora, al ministero, hanno idea di cosa stia combinando attualmente l’assessore all’Urbanistica di Sant’Angelo Romano? O magari con la loro nota volevano alludere al fatto che le “gravi e persistenti violazioni” ci sarebbero, potrebbero esserci, ma che non riguardano direttamente la sua presunta incompatibilità?
Ad emergere, ad ogni modo, è un dato. Nel Nord-Est (sì, ma della provincia di Roma) la devolution funziona: qui gli enti locali fanno un po’ quel che vogliono. Al di là di ideologie, programmi e schieramenti. Basta essere d’accordo ed intendersi.
A meraviglia.

Leonardo Luciani


Una legge da rispettare

Una storia infinita eppure di una semplicità disarmante: a Sant’Angelo Romano Umberto Di Pietro non poteva essere nominato assessore in quanto non eleggibile a consigliere.
L’articolo 47 (comma 4) del decreto legislativo 267/00 prevede la possibilità per i sindaci, nei comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti, di nominare assessori al di fuori dei componenti del Consiglio prescrivendo che questi siano scelti “fra i cittadini in possesso dei requisiti di candidabilità, eleggibilità e compatibilità alla carica di consigliere comunale”.
L’articolo 65 (comma due) stabilisce che la carica di consigliere comunale è incompatibile con la stessa carica in un altro comune.
La norma è chiara, anzi chiarissima. Non consente, infatti, ai sindaci il superamento di prescrizioni e divieti che condizionano il potere attribuitogli. Tradotto in soldoni: i sindaci non avrebbero alcuna possibilità di aggirare una normativa così puntuale.
Ho appreso da “la Voce democratica” che ancora una volta, ad uno squarcio di luce, è seguito un ritorno al buio completo. E pensare che al momento dell’invio della nota prefettizia tra i cittadini si parlava di rispetto della legalità, di robusta presa di posizione dell’ex prefetto Serra, di riacquistata fiducia verso le istituzioni. Tanto che anche la stampa titolava: “Rimosso l’assessore”, “Il prefetto dice basta”. Invece no, ancora una delusione. Quanti pensavano di aver finalmente battuto coloro che non avevano volontà di risolvere la questione, che creavano confusione ad arte o facevano pressioni politiche presso gli organi di controllo minandone la credibilità, devono amaramente constatare che le regole possono essere manipolate a vantaggio della convenienza del momento. Così si spiega anche l’atteggiamento dei Ds, mio vecchio partito: ieri accaniti contro la posizione di Di Pietro, oggi pronti con incoerente disinvoltura e leggerezza a nominare altri assessoriconsiglieri incompatibili in vari comuni da essi amministrati. Del resto da un partito che critica la legge elettorale che non consente di esprimere preferenze e poi ricorre alle stesse “antidemocratiche” liste bloccate per le primarie, non ci si poteva aspettare di meglio. Per quanto mi riguarda continuerò a battermi per il rispetto della legge. Lo devo ai cittadini che mi hanno delegato a rappresentarli, lo devo a me stesso. La difesa delle istituzioni, l’autorevolezza e la credibilità di importanti organi dello Stato sono condizione necessaria per non consentire, per esempio al vostro giornale, di definire “offuscati, grotteschi, per non dire inquietanti” taluni aspetti della vicenda in questione.
Non resta che procedere con una citazione al tribunale civile, che sono sicuro possa portare ad una chiusura dignitosa della vicenda. Ma, mi chiedo, che Stato è quello in cui per far rispettare le leggi scritte si deve arrivare fino a questo punto?

Rino Mattei
Consigliere comunale
di Sant’Angelo Romano


Interviene l’Italia dei Valori

Sul “caso Umberto Di Pietro” a Sant’Angelo Romano interviene il partito di Antonio Di Pietro. L’onorevole Stefano Pedica, responsabile dell’Italia dei Valori del Lazio e capo della segreteria politica del ministro Di Pietro, ha annunciato a “la Voce democratica” che si occuperà del caso e valuterà l’opportunità di presenare una interrogazione parlamentare al ministro dell’Interno e di prendere altre iniziative per risolvere un problema che si trascina da troppo tempo.

Fonte: La Voce Democratica – ottobre 2007 – pag. 26