Edicolanti in bilico. Oltre 2.500 le edicole del Lazio a rischio chiusura se passerà la direttiva UE 123/2006, che impone una serie di adeguamenti normativi in direzione della liberalizzazione del mercato.
Una questione nazionale percepita come un vero dramma dai giornalai del territorio. Chi rischia di più sono quelli che da più parti vengono definiti “rami secchi”, le piccole edicole, cioè, che fanno bassi fatturati. Come Claudio Amato di Guidonia, in ansia «perché – racconta a Il Tempo – ho una famiglia monoreddito». Come Massimiliano Luzzi di S. Angelo Romano, certo che «si scatenerà presto una guerra tra poveri». O Alessandro Coppetta, giornalaio di Monterotondo, una licenza acquistata dieci anni fa «perché ero disoccupato, non perché l’abbia avuta da qualcuno», ci tiene a precisare. Lui, come tanti altri suoi colleghi, a quella direttiva ci pensa tutti i giorni. «Non vendiamo un prodotto concorrenziale», dice. «La nostra – spiega ancora – è una categoria che da anni è sofferente per via del web, della freepress. Se passasse la direttiva, le nostre licenze non varrebbero più nulla. Per noi sarà la fine. Perché, allora, liberalizzare?».
Un quesito che si pone l’intera categoria, nel Lazio pronta a dare battaglia, visto che, tra le altre cose, le diminuzioni degli introiti si fanno sentire a prescindere. «Siamo impropriamente inseriti nella direttiva», tuona il Segretario regionale Sinagi, Vladimiro Camponeschi. «Basterebbe presentare una Dia per vendere i giornali; vogliamo discutere la nostra posizione nell’ambito della riforma dell’editoria insieme al governo, ai distributori, agli editori».
Nella Capitale (traino della regione, con il 10% del fatturato nazionale), le edicole sono un migliaio, nel 90% dei casi “esclusive”; con ognuna di esse ci vive almeno una famiglia. I motivi dell’apprensione anche in città battono lo stesso refrain. «Sto qui a Prati dal 1939», afferma Carlo Cataldi, giornalaio di Piazza dell’Unità. «Si è già avuto un calo di oltre il 30% con la stampa su internet, chissà come andremo a finire…Un’angoscia per le piccole edicole, un peccato per le storiche». «La lettura è cultura, non una necessità primaria», gli fa eco Maria Franco, edicolante di Piazza Tommassini: «Circa la metà delle edicole romane già è in affanno e ricorre a prestiti. Questa sarebbe solo una scelta di consumismo».
Sulla questione sono intervenuti il Segretario de La Destra, Francesco Storace e il Commissario della Federazione di Roma e Provincia, Roberto Buonasorte che, dopo aver esaminato la normativa di Bruxelles in tema servizi, hanno suggerito al Governo «di evitare il rischio di contenziosi istituzionali con le nuove amministrazioni regionali alle quali la Costituzione affida la legislazione in materia». «Nel Lazio – aggiungono l’ex Governatore e Buonasorte – ci impegneremo a restare nei canoni della legislazione vigente». Un modo per venire incontro ai disagi della categoria, che Storace ha illustrato, nel corso di un colloquio, al sottosegretario Bonaiuti. Vedremo come andrà. Il pericolo è consegnare tutto il potere nelle mani della distribuzione non liberalizzata. Non uno scherzo per gli edicolanti.
Fonte: Il Tempo (online)