L’Italia è un paese incredibile, migliaia di leggi, di controlli (sulla carta), di controllori (sulla carta e in busta paga), ma abusi ovunque e dubbi addirittura sulla necessità di applicare le pene previste.
Questo è quello che succede quando si parla di abusi edilizi, sulla carta obblighi stringenti e pene severissime (penali, non amministrative, per intenderci), in pratica il solito “tana libera tutti”.
Dal Quotidiano (online) della Pubblica Amministrazione.
Abusi edilizi: i dubbi sull’obbligo di specifica motivazione dell’ordine di demolizione
Il contrasto giurisprudenziale investe gli abusi edilizi repressi a notevole distanza di tempo.
Secondo la giurisprudenza amministrativa consolidata, l’ordine di rimessione in pristino riferito ad un immobile abusivo sotto il profilo edilizio non necessita di specifica motivazione essendo sufficiente il richiamo all’assenza di titoli abilitativi. Tuttavia, quando l’abuso viene represso a distanza di molto tempo dalla sua realizzazione, e l’ordine è rivolto a soggetto che nell’attualità non è il ritenuto l’effettivo responsabile dell’illecito, il principio di cui sopra è ancora valido?
Il dubbio se lo è posto la VI sezione del Consiglio di Stato che, con ordinanza del 24 marzo 2017 n. 1337, ha rimesso la questione all’Adunanza Plenaria del Supremo Consesso amministrativo.
Ha chiarito, nel proprio provvedimento, la Sezione, che sulla questione specifica si sono formati due orientamenti giurisprudenziali.
Secondo il primo (maggioritario) filone interpretativo l’ordinanza di demolizione di un manufatto abusivo è legittimamente adottata senza alcuna particolare motivazione e indipendentemente dal lasso temporale intercorso dalla commissione dell’abuso, dovendosi escludere in radice ogni legittimo affidamento in capo al responsabile dell’abuso o al di lui avente causa (Cons. St., sez. VI, 10 maggio 2016, n. 1774; id. 11 dicembre 2013, n. 5943; id. 23 ottobre 2015, n. 4880; id., sez. V, 11 luglio 2014, n. 4892; id., sez. IV, 4 maggio 2012, n. 2592). Ammettere la sostanziale estinzione di un abuso edilizio per decorso del tempo significherebbe, infatti, configurare una sorta di sanatoria extra ordinem, di fatto, che potrebbe operare anche quando l’interessato non abbia inteso (o potuto) avvalersi del corrispondente istituto legislativamente previsto (Cons. St., sez. VI, 5 gennaio 2015, n. 13).
Un secondo orientamento (Cons.St., sez. IV, 4 febbraio 2014, n. 1016), invece, individua dei “casi-limite in cui può pervenirsi a considerazioni parzialmente difformi” (Cons. St., sez. VI, 14 agosto 2015, n. 3933): considerazioni che fanno leva sul lasso temporale intercorso dalla commissione dell’abuso (o della sua conoscenza da parte dell’Amministrazione: Cons. St., sez. V, 9 settembre 2013, n. 4470, in un caso peraltro in cui la buona fede era stata esclusa), sulla buona fede del soggetto destinatario dell’ordine di demolizione diverso dal responsabile dell’abuso e sull’assenza, per mezzo del trasferimento del bene, di un intento volto a eludere la comminatoria del provvedimento sanzionatorio (in tal senso, anche Cons. St., sez. VI, 18 maggio 2015, n. 2512; id., sez. V, 15 luglio 2013, n. 3847).
L’ultima parola sul punto, quindi, spetterà all’Adunanza Plenaria.
Rodolfo Murra
(7 aprile 2017)
Fonte: sito web “Quotidiano della PA“