Con una storica sentenza del Tribunale di Tivoli, viene messa la parola fine sull’annosa vicenda delle proprietà della contessa Anna Maria Borghese.
Con sentenza 714/2017 pubblicata il 3 febbraio 2017 la Corte di Appello di Roma, Prima Sezione Civile, respinge il ricorso di Chiappini contro la prima sentenza (438/2009 depositata il 20 marzo 2009).
Il contenzioso riguardava la richiesta del pagamento di un canone enfiteutico di quasi 6 milioni di euro avanzata da Massimo Chiappini nei confronti del Comune di Sant’Angelo Romano.
La Corte, con lavoro da certosino, ha ricostruito la vicenda delle proprietà della contessa Anna Maria Borghese, partendo dal testamento del Principe Francesco Borghese Duca di Bomarzo, padre di Anna Maria.
Oltre cento anni di storia per capire come queste proprietà siano venute in possesso del Chiappini, perché sono proprio le prove dei diritti rivendicati da Chiappini su queste proprietà che non hanno convinto i giudicanti di entrambi i gradi di giudizio.
Secondo la Corte, già l’atto originale tra Anna Maria Borghese e Vittorio Chiappini, padre di Massimo, è ritenuto privo di riscontri sulla effettiva efficacia del passaggio dei terreni in questione.
Nell’atto con il quale la contessa Anna Maria Borghese cedeva i suoi diritti a Vittorio Chiappini sulle proprietà elencate nel documento, c’è infatti testualmente scritto:
“…in territorio di Sant’Angelo Romano diretti domini che risultano indicati nell’elenco che qui si allega sotto la lettera a), previa lettura, al quale le parti fanno pieno riferimento, la presente vendita viene fatta ed accettata per il prezzo di … la venditrice fa presente che non ha il possesso di alcun bene per cui non si procede ad alcuna immissione in possesso, nè si concede garanzia evizionale data l’aleatorietà del contratto. Si precisa inoltre, anche se indicati, non si intendono venduti i beni o i diritti che risultassero già in precedenza venduti o affrancati con regolari atti pubblici“.