La Regione Lazio e l’acqua pubblica: una storia da raccontare ad alta voce!
Di storia si può parlare a tutti gli effetti, dalla vittoria referendaria del 2011 in cui circa 4 milioni nel Lazio hanno detto sì all’acqua pubblica, ai nostri giorni, in cui la Giunta Zingaretti prova in sordina a cancellare quel coro di “sì” proponendo un ATO (Ambito territoriale Ottimale) unico, con il quale l’acqua pubblica e la democrazia non hanno nulla a che vedere.
Proviamo allora a ricostruire le tappe di una battaglia che non si è mai fermata, e che non intende farlo adesso.
Pochi mesi dopo la vittoria referendaria per l’acqua pubblica sono infatti iniziate le manovre per cancellarne gli effetti, e per permettere alle multinazionali (nostrane e non) dell’acqua di continuare a fare profitti su questo bene comune. Dal quasi morente Governo Berlusconi nell’estate 2011, passando per il Governo Monti, fino allo Sblocca Italia di Renzi, tutti hanno provato con qualche frase nascosta in diversi provvedimenti a far ripartire quelle privatizzazioni così sonoramente bocciate dal popolo.
Proprio il progetto Renziano, rimasto incompleto grazie all’opposizione di comitati e comunità locali, si riaffaccia in questi giorni nel Lazio e, neanche troppo tra le righe, anche nel Recovery Plan: la creazione di maxi-gestori dell’acqua, naturalmente a partecipazione privata, nel nome di un’efficienza che è solo nell’ideologia privatista di coloro da decenni ripetono lo stesso mantra, senza che numeri e dati supportino minimamente questa fantasia.
Per attuare questo progetto serve prima di tutto togliere voce alle comunità locali, sindaci compresi, già adesso relegati in conferenze saltuarie totalmente sbilanciate a favore del gestore per possesso delle informazioni e, di conseguenza, di “potere”.
Proprio per rimettere al centro i territori, decine di sindaci e comitati della regione lazio hanno condotto una capillare campagna che ha portato, nel 2014, all’approvazione della legge regionale 5 per l’acqua pubblica. Un testo scritto dal basso e a più mani, in cui, tra le altre cose, si prevede la creazione di Ambiti di Bacino Idrografico (ABI) basati sulle caratteristiche dei territori, al posto degli attuali ATO, disegnati sui confini provinciali, che quindi di “ottimale” non hanno nulla ai fini della gestione della risorsa acqua. Ambiti che sono stati definiti con la partecipazione di ricercatori universitari, cittadini e sindaci, e tradotti in una proposta che la Regione Lazio non ha mai avuto il coraggio di approvare o anche solo di discutere seriamente.
A questa storia di impegno e partecipazione, la giunta Zingaretti e l’Assessore Alessandri rispondono ora con una proposta di legge che definisce un unico ATO per la Regione Lazio, in cui la voce delle comunità locali saranno ancora più deboli di oggi, essendo gli stessi sindaci esclusi dalle sedi decisionali sull’acqua, fatta eccezione per qualche delegato utile solo a mantenere un’estetica di partecipazione. Un passo indietro epocale rispetto alla strada indicata dalla legge 5, con gestioni più piccole e vicine ai territori e con un ruolo centrale dei consigli comunali.
Perché questa inversione ad U dalla stessa forza politica che la legge 5 l’ha votata convintamente nel 2014? E cosa hanno da dire le altre forze politiche presenti in Consiglio, che, più o meno convintamente, hanno contribuito al fatto che quella legge passasse all’unanimità?
A voler essere maliziosi si potrebbe pensare ad un grande regalo al “governo ombra” dell’acqua nel Lazio: ACEA SpA ed i suoi soci pubblici e privati.
La stessa Acea che da anni adotta una politica di espansione tipica delle multinazionali, anche oltre i confini della Regione Lazio. La stessa Acea che ha negato fino all’ultimo il suo ruolo nel disastro ambientale del Lago di Bracciano, smentita da due gradi di giudizio. La stessa Acea che stacca l’acqua per poche decine di morosità (anche durante una pandemia) e spartisce dividendi per oltre 125 milioni di euro ai suoi soci. La stessa Acea che sulla rete idrica del “suo” Ato originario (quello della provincia di Roma) registra circa il 40% di perdite idriche mentre la Regione la autorizza ad aumentare lo sfruttamento di fiumi e sorgenti! Questo il modello misto pubblico privato caro l’ideologia Renziana dello Sblocca Italia, questo il modello che con tutta probabilità rischia di consolidarsi nel Lazio se non sarà bloccato il progetto della Giunta Zingaretti e ripresa la strada della Legge 5.
Ci sono milioni di cittadini che hanno già indicato quella strada, ci sono 15 mila firma raccolte nella provincia di Viterbo dove con il crollo della Talete si sta assistendo al peggio della gestione della cosa pubblica a fini privati e che Zingaretti ha promesso di ascoltare.
Come comitati per l’acqua pubblica chiediamo pubblicamente e urgentemente un incontro con Zingaretti e l’Assessore Alessandri, perchè questa storia l’abbiamo scritta noi, e vogliamo ricordarla a chi ha perso la memoria!
Comitato Acqua pubblica regione Lazio
Coordinamento romano acqua pubblica