Pubblicato il 21-03-2021 su Il Punto Quotidiano
di Gloria Zarletti
SANT’ANGELO ROMANO (Roma) – A Sant’Angelo Romano la storia non è noiosa. Almeno, non lo è da quando Marco Giardini, docente di scienze naturali e santangelese doc, ha deciso di rendere immortali i ricordi della seconda guerra mondiale vissuta nell’ameno comune di 4828 abitanti arroccato su una delle cime dei monti Cornicolani e di donarli in un volumetto alla affiatatissima e vivace comunità locale che avrà finalmente, così, i suoi annali. “L’ho fatto per una sorta di dovere morale verso questo posto – spiega – sulla cui storia c’è molto poco di scritto ma ancora tanto da scrivere”.
E così Giardini, innamorato della natura ma anche del suo paese, ispirato dai ricordi di suo padre Palmiro, classe 1937 e una memoria vivida, ha appuntato tutti gli aneddoti raccontati dal genitore per fermarli nel tempo e lasciarli a disposizione dei giovani e dei posteri. Ha fatto ricerche, consultato libri, scoperto storie che non avrebbe immaginato. Nel frattempo qualcun altro stava facendo lo stesso lavoro. “Un coetaneo di mio padre, Renzo Nardi – racconta Giardini – aveva raccolto altro materiale, una coincidenza assolutamente straordinaria”. La collaborazione è nata, quindi, spontanea, se non proprio scontata.
Mentre i due vecchi amici andavano indietro nel tempo snocciolando racconti anche in versi dialettali, Marco tesseva una trama, faceva ricerche per ricostruire famiglie, rintracciare parentele, collegare fatti e trarre conclusioni. Tanto lavoro fino a che il libricino di 54 pagine corredate di fotografie e note bibliografiche nonché storiche – con la presentazione dell’amico-collega Umberto Calamita – ha avuto luce con l’unico titolo che poteva avere: “Ricordi di guerra”. Sfogliandolo si fa un salto indietro nel tempo di 76 anni – tra il 1939 e il 45 – e ricompaiono i volti di uomini e donne, di bambini che hanno solo sfiorato la grande storia, quella ufficiale delle brillanti imprese, dei trattati, dei comandanti e dei regnanti nella quale, però, la gente senza nome ha avuto un ruolo fondamentale per essersi intrecciata con essa e averla resa quale la conosciamo.
“Sono vicende piccole – dice Giardini, che è editore e curatore dell’operetta – di grande dolore, di fame ma anche di semplici gioie, elementi che danno il senso ad una comunità e anche la voglia di appartenervi”. E così, leggendo il volumetto, si scopre perché la piazza del paese è intitolata ad Aldo Nardi, un ragazzo di 15 anni morto sotto un bombardamento. O, ancora, si conosce l’origine di un’edicoletta sacra sulla provinciale che da Sant’Angelo porta a Guidonia, in località Valle Sfondata, sorta proprio nel luogo dove Bartolomeo Panichi, 59 anni, morì anche lui sotto le bombe tedesche. E poi i giochi dei ragazzini, sempre miseri e rimediati, come quella volta degli “zirelli”, le strisce di polvere da sparo raccolte in quantità per simulare una guerra vera e farli esplodere solo che erano stati riposti in cucina, vicino al camino dove una scintilla li avvampò causando la morte della povera Rosa Ciucci.
Non mancano storie di fame e povertà come quella del nonno dello stesso Giardini che riplasmava una nuova candela raccogliendo la cera e facendola colare in una canna tagliata a metà. E il “male scimmiotto” dello stesso Palmiro bambino, una forma di rachitismo infantile dovuto alla malnutrizione che guarì con un rimedio consigliato da una donna anziana e consistente nella semplice spremuta di mela. Non è la storiografia ufficiale, naturalmente, non è quella dettata per dare volto ad una nazione o ad una dinastia ma si sono svolte vicende, a Sant’Angelo, “che quella storia l’hanno sfiorata – sottolinea Giardini – e si devono conoscere”. Perché anche la Resistenza, all’ombra dei monti Cornicolani, ha avuto i suoi eroi e nessuno lo sapeva. Come quello celato finora sotto il nome del diciannovenne Antonio Gnocchi, scritto sul monumento ai caduti.
“Questa è stata la scoperta più emozionante per me – confessa il prof – perché ha ricollegato Sant’Angelo con i grandi eventi nazionali di quell’epoca”. Il giovane Gnocchi, originario di Blera, nel viterbese, era entrato nelle comunità santangelese sposandosi con una ragazza del posto ma si trovava al suo paese, probabilmente di ritorno dalla guerra, al momento in cui fu ucciso dai nazisti nel corso di un rastrellamento. La famiglia Gnocchi, in particolare, a Blera rappresentava uno dei punti di riferimento della Resistenza ed ecco che il libricino restituisce un volto – ma anche l’identità e l’onore – ad un nome che ai posteri non avrebbe detto niente.
A Giardini va dato un merito non da poco: aver impedito che tutti questi ricordi – il vero patrimonio intorno al quale si riconosce una comunità – si perdessero nell’oblio. E questo è un atto d’amore grandissimo per il luogo dove si è nati.