Castello Orsini Cesi
Il borgo in cui sorge il Castello, si trova sulla sommità del monte Patulo, altura settentrionale dei Monti Cornicolani.
Secondo lo storico Jean Coste, fu fondato nella seconda metà del XII secolo ad opera del senatore Giovanni Capocci, da cui la denominazione di S. Angelo in Capoccia, rimasta fino al 1885. A quell’epoca, l’imponente rocca dei Capocci, innalzata nel punto più alto di Sant’Angelo Romano, era formata da un recinto quadrangolare che racchiudeva un’alta torre quadrata, con il tipico rivestimento murario a bozzette regolari di calcare.
Dal 1370 al 1444 la fortezza fu profondamente modificata dagli Orsini, per esigenze militari: ai quattro angoli si costruirono robusti torrioni circolari e le mura vennero rinforzate con un possente muraglione a scarpa. La difesa era affidata a bombarde e archibugi, come mostrano i fori nelle torri e nel camminamento protetto da merlature lungo le mura. Sul lato Ovest venne eretto il palazzo signorile: due piani coperti a tetto e una soffitta, con al pianterreno i servizi (cucina, cantina, cisterna) e al primo piano i locali di abitazione (cinque stanze e un salone).
L’ultima importante fase edilizia è legata allo scienziato e naturalista, Federico Il Cesi, il Linceo, fondatore della celebre Accademia, principe di S. Angelo e duca di Acquasparta, che trasformò l’intero piano nobile in un comodo appartamento, solennizzandone l’ingresso con una scalea a doppia rampa.
Sull’architrave di porte e finestre fece incidere il suo nome, seguito dal titolo, e nella volta della sala nobile si può ammirare l’albero genealogico dei Cesi e della sua seconda moglie, Isabella Salviati, con al centro lo stemma di famiglia e la data 1628, che sovrastano lo stendardo con la lince, simbolo dell’Accademia.
La decorazione delle pareti, conservata solo in parte, reca raffigurazioni simboliche legate agli antenati e ricercate epigrafi in latino.
Due iscrizioni sul lato d’ingresso parlano della dimora che Federico aveva restaurato e abbellito, e che amava soprattutto per la salubrità dell’aria e il panorama.
Gli affreschi della sala nobile sono attribuiti a Riccardo Ripanelli, autore di altri cicli realizzati su committenza dei Cesi in Roma e Acquasparta.
Dopo che il Castello passò ai Borghese nel 1678, affrontò una lunga decadenza.
Nell’Ottocento fu costruito un frantoio sul lato Sud, aprendo un accesso dall’interno con breccia alle mura, e alcuni locali divennero depositi per il grano.
A partire dal 1990 il Castello è stato restaurato con fondi europei su progetto dell’Arch. Lelio Marcucci e oggi ospita il Museo Preistorico del Territorio Tiberino-Cornicolano.