Immigrazione
di Francesco Tarantino
27/01/2010
I romeni in Italia hanno avuto l’opportunità, per la prima volta, di votare per le Elezioni Europee del 6 e 7 giugno 2009. Tre erano le alternative per partecipare alle elezioni: a) votare per i candidati del proprio paese presso le ambasciate o i consolati, b) tornare in patria per votare e c) esprimere il voto nel Comune di residenza nel nostro Paese, scegliendo tra i candidati spettanti all’Italia.
Quest’ultima possibilità, prevista dalla direttiva 93/109/CE, recepita in Italia nel 1994, prevede sia l’elettorato attivo che quello passivo alle elezioni del Parlamento Europeo per i cittadini della UE residenti in uno Stato membro di cui non hanno la cittadinanza. Per votare nel comune di residenza è però necessario compilare una domanda e presentarla in Comune, almeno 90 giorni prima della data delle consultazioni.
Solo il 2% degli 800.000 romeni in Italia, però, ha optato per quest’ultima possibilità. Ad esempio, nella Provincia di Roma, a fronte della presenza di 122.310 romeni residenti, gli elettori che hanno fatto richiesta di iscrizione per le Europee sono stati soltanto 2.597. Nella Provincia di Torino, dove risiedono 85.817 romeni, solo 2.285 elettori comparivano nelle liste elettorali per le Europee. Ancora più basso il dato della Provincia di Milano dove, a fronte di 40.742 residenti, solo 735 hanno fatto richiesta di iscrizione nelle liste del Comune. Nella classifica degli elettori romeni iscritti nelle liste elettorali dei comuni italiani spicca il dato di Latina dove ne risultavano 1.329, a fronte di 14.625 residenti in tutta la provincia pontina.
Questi dati sembrerebbero sottolineare una generale sfiducia nei confronti della possibilità di voto per candidati italiani al Parlamento Europeo. Per poter affermare questo è però necessario confrontare brevemente il dato con quello dei romeni che hanno scelto di votare per candidati nazionali. In generale le prime elezioni europee non hanno riscosso particolare successo anche nella stessa Romania, dove l’affluenza generale è stata del 27,7%. Incrociando i dati sul voto in Italia con quelli relativi al voto per candidati romeni, non sembra di poter affermare che l’immigrazione romena abbia preferito votare candidati nazionali al Parlamento di Strasburgo. Dei 4.367.064 elettori all’estero, infatti, solo 14.330 hanno votato per candidati romeni [6]. In particolare in Italia sono stati espressi 1.994 voti validi, pari al 14,4% del totale dei voti validi espressi all’estero [7]. I romeni in Italia hanno votato in maniera chiara per i partiti conservatori e di destra: il 37,2% dei suffragi è andato al PDL (Partito Democratico Liberale), il 19% alla formazione nazionalista e di estrema destra PRM (Partito Grande Romania) e solo 12,5% alla formazione socialista del PSD.
In generale dunque sia i romeni in Italia che quelli in patria hanno dimostrato uno scarso interesse per la prima elezione dei propri rappresentanti al Parlamento Europeo, sia nel caso del voto in Italia per candidati italiani, sia in quello del voto in Italia per candidati romeni. Confrontando i dati, comunque, si può affermare che l’opzione di voto per candidati italiani non sia stata particolarmente sfortunata ma anzi, alla luce del secondo dato, ha riscontrato un successo leggermente maggiore. Sempre il 6 e 7 giugno 2009, i romeni residenti nel nostro paese hanno avuto l’opportunità di votare anche per il rinnovo di moltissimi consigli comunali e per l’elezione diretta dei rispettivi sindaci. L’elettorato attivo e passivo dei cittadini comunitari alle elezioni comunali, infatti, è stato previsto dalla direttiva 94/80/CE, recepita in Italia con il D.Lgs., 12 aprile 1996, n. 197 [8]. Come si è già detto, l’iscrizione alle liste elettorali aggiunte non è automatica e i cittadini comunitari, come per le elezioni europee, hanno dovuto presentare una domanda entro il termine di 90 giorni precedenti le consultazioni.
Il voto del 2009 ha interessato alcune città e comuni molto interessanti dal punto di vista della presenza romena. Si tratta soprattutto di comuni della cintura torinese, della provincia romana o di piccoli comuni del centro Italia dove la loro presenza è andata crescendo in maniera notevole negli ultimi anni e dove la possibilità di un’ incidenza reale sui risultati elettorali è stata paventata alla vigilia del voto. In realtà, analizzando i dati sulle richieste di iscrizioni alle liste elettorali aggiunte di tutti i Comuni al voto, non emerge in nessun caso una percentuale di iscritti romeni così alta da poter incidere significativamente sull’esito elettorale anche se, in alcuni casi, gli scarti di voto tra i candidati-sindaco sono stati molto ridotti. Vediamo qualche esempio delle richieste di iscrizione in alcuni comuni, per comprendere l’interesse dei romeni per questa forma di partecipazione politica rivolta al contesto di residenza. Ciò che emerge da una rapida analisi dei dati è una differenza sostanziale tra i Comuni della cintura torinese e quelli della provincia romana, caratterizzati da una forte presenza romena. Le richieste in Piemonte sono state piuttosto basse: nel Comune di Collegno solo 52 iscritti, 42 nel Comune di Rivoli (mentre 212 sono stati gli iscritti nel Comune di Settimo Torinese (0,05% sul totale degli elettori). Nella provincia romana, invece, le richieste sono state leggermente più alte: a Guidonia Montecelio 942 romeni iscritti (4.871 residenti e 0,1% sul totale elettori), 539 ad Aprilia (0,1%), 524 nel Comune di Fonte Nuova (2167 romeni residenti e 0,2% sul totale elettori), 231 nel piccolo Comune di S.Angelo Romano (436 residenti e 0,7% sul totale elettori) fino a raggiungere la quota percentuale più alta nel piccolo Comune di Marcellina (943 romeni residenti) dove 231 romeni si sono iscritti, pari all’1% dell’intero elettorato.
Nel resto d’Italia le quote di iscritti romeni sul totale degli elettori sono rimaste, nelle migliori delle ipotesi, sempre comprese tra lo 0,05 e lo 0,1%. Nelle città capoluogo dove si è votato i romeni non hanno dimostrato di essere particolarmente interessati: 438 si sono iscritti a Cremona (3.311 romeni residenti), 407 a Bologna (5.047 romeni residenti), 283 a Firenze (5.846 romeni residenti). Padova (7.165 romeni residenti) è stato il capoluogo col maggior numero di romeni iscritti nelle liste aggiunte con 773 richieste pervenute. Si tratta evidentemente di quote molto piccole e perlopiù insignificanti sull’esito del voto, anche se potenzialmente determinanti. Va detto infatti che la percentuale di chi si è iscritto sul totale dei residenti è stata piuttosto bassa in tutti i Comuni considerati. Qualora in futuro la quota di residenti che deciderà di votare cresca, in alcuni casi il voto romeno potrebbe diventare realmente determinante, specie nei Comuni più piccoli che ospitano comunità consistenti. Nelle scorse elezioni, ad esempio, nel Comune umbro di Marsciano (Pg) si sono iscritti 126 romeni a votare e lo scarto tra i candidati sindaco più votati è stato di appena 600 voti; considerato che i romeni residenti nel piccolo borgo sono quasi 800, va da sé che una mobilitazione maggiore potrebbe essere effettivamente determinante per la scelta del primo cittadino.
Fonte: Rivista